400 anni dalla morte del Beato Carlo Spinola

400 anni dalla morte del Beato Carlo Spinola

Sabato 10 settembre 2022

 

In occasione dei 400 anni dalla morte per martirio, la Fondazione Spinola ha dedicato una intera giornata alla celebrazione del Beato Carlo Spinola di Ottavio.

                                                         10 settembre 1622 – 10 settembre 2022
A 400 anni dalla morte, alla Fondazione Famiglia Spinola spetta la memoria della vita del Beato Carlo Spinola (1564-1622)

Nell’anno del Signore 1622, dopo 4 anni di carcerazione in condizioni spaventose, Carlo Spinola figlio di Ottavio, membro della Compagnia di Gesù, trovò la morte in Giappone, arso vivo insieme a numerosi compagni. Per il suo sacrificio e l’opera di evangelizzazione in quelle terre lontane venne beatificato da Papa Pio IX nel 1867

 

 

H 15.30 Si è tenuta la solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da S. Em.za Rev.ma Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo Emerito di Genova

Dalle parole dell’omelia della celebrazione in Ricordo del Martirio del Beato Carlo Spinola

Dopo 4 secoli dal martirio, la memoria del Beato Carlo è sempre viva nel cuore della famiglia dei marchesi Spinola e nella memoria dell’Abbate Parroco Padre Francesco Di Comite.
Fare memoria di chi ci ha preceduto nella fede non è mai un ripiegamento nostalgico ma un dovere che onora chi si è sacrificato per la fede.  I Beati e i Santi sono il migliore commento al vangelo perché hanno seguito in modo non comune la vita di Gesù perché c’è bisogno di vivere la vita con amore. Nessuno deve presumere di se stesso e delle proprie forze perché poter superare le prove della vita è grazia di Dio e della Fede, il dono più grande insieme alla vita.
Troppo spesso si respira un’aria di qualunquismo religioso come se la ragione fosse sfiduciata rispetto al suo compito di cercare la verità, come se Dio fosse una realtà astratta indefinita e lontana che nulla ha a che fare con la vita di tutti i giorni, come se la religione fosse una costruzione della cultura che ognuno può manipolare a proprio piacere. Questa nebulosa indistinta ed approssimativa non affascina nessuno perché se qualcosa ci soddisfa momentaneamente non ha il potere di colmare il vuoto interiore della ricerca di se stessi.
Il giovane gesuita Carlo Spinola ha insistito con tenacia di andare ad annunciare Gesù nelle terre lontane d’Oriente perché aveva incontrato la persona di Dio nel verbo fatto carne e di esso si era innamorato: slancio, capacità di dono e sacrificio, resistenza al dolore sono cose che solo un innamorato può percorrere nella strada di Cristo; solo l’amore può fare questo non la cultura o la sapienza.
Il nostro Occidente sembra rassegnato, ripete parole alte e nobili ma che suonano vuote e che non accendono i cuori, anzi tolgono speranza e fiducia, sembra mancare di profondità di pensiero e di fede, di un pensiero critico. Ciò porta ad una omologazione concettuale che non dà senso e dignità.
Se guardiamo sotto questa superficie scopriamo un popolo di umili che senza chiasso vivono con dignità portando avanti il proprio dovere. Speriamo che il mondo si lasci illuminare e riscaldare il cuore, che gli uomini ascoltino ed agiscano secondo l’azione di Dio.
Dio è amore e l’amore rispetta la libertà, la invoca perché senza liberta non c’è amore. L’amore non si impone ma si offre soltanto perché dove è Dio è casa, e dove è casa nascono accoglienza e condivisione.
Il Centro Storico di Genova ci fa vivere gli uni accanto agli altri come se ogni giorno si vivesse per strada; i nostri sacerdoti sono guardati con curiosità e benevolenza o a volte ignorati, a noi spetta di amarli ed aiutarli secondo le nostre possibilità.
Non lasciamoci prendere dal languore spirituale, dal qualunquismo religioso;  in questa avventura terrena  dove i santi risplendono come e amici e modelli, la Madonna ci stringe con il suo manto e l’eucarestia ci attende ogni giorno.
Il Vangelo ci dice che nel grande invisibile popolo del paradiso, il nostro Beato Carlo Spinola è per noi genovesi un riferimento; lo preghiamo oggi ma non solo come intercessore per noi e per Genova, la città di Maria.

Al termine della Messa i membri della Famiglia Spinola si sono riuniti con il Cardinale nella Loggia, storica sede della Fondazione per incontrarlo

 

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Bagnasco e Carlo Maria Spinola

Gherardo e Mary Spinola

Ludovico Spinola

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Bagnasco, Padre Francesco Di Comite, Parroco della Chiesa di San Luca ed Abbate di San Defendente, Ludovico, Massimiliano e Carlo Spinola

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Bagnasco, Ludovico Spinola, Nora Spinola, Carlo Maria Spinola, Costanza Orsi

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Bagnasco, Nora Spinola, Ludovico, Massimiliano e Carlo Spinola

Anna ed Emanuele Spinola

Alle ore 17.00 Carlo Maria Spinola ha introdotto il suo libro “Addio a Genova. Il racconto della vita del Beato Carlo Spinola”, Gingko Edizioni, Verona.

Un breve riassunto dell’introduzione di Carlo Maria Spinola

A trentadue anni, nel 1596 il Beato Carlo Spinola partì per la missione in Giappone, dove atterrò sei anni dopo. Nell’arcipelago visse venti anni, fino al martirio di Nägasaki, il 10 settembre 1622. A me è stato dato il suo nome come a don Carlo Cingolani, cugino di papà e figlio di Maria Spinola e del Senatore Mario Cingolani. Don Carlo – prof di religione del liceo Camillo Cavour di Roma, e rinomato per le sue battute taglienti – da bambino mi fermava nel cortile del palazzo di Piazza Campitelli per raccontarmi le storie di famiglia, tra le quali primeggiava quella del Beato.

Nel giugno 1997, avevo quarantadue anni ed ero a Hong Kong con Angelo Paratico, a seguire gli affari di una società che faceva trading di seta (attività svolta anche dal Beato per finanziare la missione). Una domenica Angelo – storico “prestato” agli affari – mi propose una gita a Macâo in visita alla chiesa Madre de Deus. Angelo viveva a Hong Kong da una ventina d’anni e, nelle sue ricerche, aveva scoperto che la Madre de Deus era stata disegnata dal Beato Carlo. In quell’occasione ho scoperto che Carlo era stato architetto, oltre che missionario e martire ( l’immagine rappresenta la statua bronzea del Beato Carlo Spinola realizzata da Carlo Maria Spinola).

Siamo partiti da Hong Kong, il traghetto ha attraversato l’arcipelago di centoquattro isolette chiamate “Ladrones” dagli spagnoli – perché infestate dai pirati – e in un’ora ci ha sbarcato a Macâo, il regno del gioco d’azzardo (vietato a Hong Kong e in Cina) dove nel fine settimana si riversavano frotte di giocatori.
Siamo saliti di buon passo sui sessantotto gradini della scalinata e, in cima, sono rimasto a bocca aperta. La facciata svettava in cielo come una grandiosa scenografia, alta venticinque metri e larga ventitré, che si ergeva, in apparenza, senza sostegno.  
In apparenza, la Madre de Deus sfidava le leggi di natura come se, alle sue spalle, una forza invisibile la tenesse aggrappata al cielo. Così ho immaginato che Carlo e la Madre de Deus condividano lo stesso destino: bruciati ma non annientati dal fuoco, testimoni ostinati di fede e passione.

La scalinata e la facciata della chiesa Madre de Deus di Macao, in una fotografia del 1870 del fotografo scozzese John Thomson (Wellcome Library, London)

Nel 1773, quando fu sancita la “totale abolizione” della Compagnia di Gesù, i portoghesi trasformarono in caserma il collegio adiacente alla chiesa. Nel 1835, un incendio partito dalle cucine militari si estese alla Madre de Deus, risparmiando solo la facciata. Bruciò la biblioteca, la più grande d’Oriente, con la quale andarono in fumo i disegni di Carlo.
Tra il 1988 e il 1999, mentre i portoghesi restituivano l’amministrazione di Macâo alla Cina, un solerte funzionario del governo provvisorio propose di demolire la facciata. Qualcuno intervenne, e l’opera fu invece consolidata. Oggi la Madre de Deus è il monumento più illustre di Macâo, il cui centro storico è sito UNESCO del Patrimonio mondiale dell’umanità.
Passarono altri ventidue anni quando, nell’autunno 2019, dalla sezione Google Libri ho scaricato un opusculum: la “Vita del P. Carlo Spinola della Compagnia di Giesv – Morto per la Santa Fede nel Giappone del P. Fabio Ambrosio Spinola, in Roma: Appresso Francesco Corbelletti, MDCXXVIII”. In quell’istante, sono stato trafitto dalla “sindrome degli antenati”.
All’inizio, per capire meglio il contenuto, ho trascritto in italiano corrente la biografia seicentesca che il cugino di Carlo, il gesuita Fabio Ambrosio, aveva ricavato dalla corrispondenza epistolare. Poi – approfittando dei tempi dilatati e degli spazi contratti della pandemia – ho navigato il WEB allargando l’orizzonte ai mondi che Carlo aveva attraversato.  Si è delineato il profilo di un uomo che, fuggendo dal “secolo d’oro” di Genova, si era trovato nel mezzo della Guerra degli Ottant’anni, un lungo conflitto tra le vecchie potenze cattoliche, Spagna e Portogallo, e le nuove protestanti, Inghilterra e Olanda. Una guerra mondiale, combattuto dalla Manica ai Caraibi, dall’India al Giappone.
Carlo è nato (probabilmente) a Praga nel 1564, anno prodigo, che ha dato i natali a Shakespeare e Galileo. Intorno ai vent’anni Carlo ha scelto di seguire le orme dei martiri per Cristo. Quella di Carlo è stata una generazione di giovani nobili che – se non abbracciavano la carriera militare, mercantile o ecclesiastica – spesso erano affascinati da “οἱ μάρτυρες”, i testimoni di Cristo.  Come i patrioti si esaltavano alla memoria dei caduti per la libertà, così i giovani religiosi s’infiammavano all’esempio dei martiri.
Nei seminari gesuiti, oltre alle materie classiche e religiose, studiò matematica, prima con gli allievi di Christopher Clavius poi con il grande maestro, al Collegio Romano. A Brera fu magister di matematica e più tardi a Lisbona, nell’Aula de Esfera, ebbe possibilità di approfondire le applicazioni della matematica all’architettura e all’astronomia.
Nei sei anni di navigazione per il Giappone – tra uragani e avarie, epidemie e pirati – Carlo ha sempre conservato la determinazione e l’entusiasmo per la sua missione. In Giappone, come padre Matteo Ricci in Cina, ha utilizzato la scienza come vettore del Cristianesimo. Fondò un’accademia scientifica a Myako (Kyoto) con la quale conquistò l’ammirazione dei due Signori del Giappone: lo Shōgun e l’Imperatore. Gli ultimi otto anni – tra clandestinità e prigione – li considerò solo una caparra dell’agognato martirio.

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Bagnasco ed il Marchese Carlo Maria Spinola con “Addio a Genova. Il racconto della vita del Beato Carlo Spinola”.

Marie Repetto, lavora come assistente tecnico presso la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola. Ha fatto un dottorato di ricerca presso l’Università di Genova (tutor professoressa Laura Stagno), inerente agli Spinola di Tassarolo, con particolare riferimento a committenza e collezionismo tra il XVI e il XIX secolo, ci racconta l’origine della immagine iconografica del Beato Carlo: …Carlo Spinola di Ottavio,  appartiene al ramo degli Spinola conti di Tassarolo, una famiglia che, nella generazione precedente alla sua, era “emersa” prepotentemente nello scenario genovese e anche internazionale. Suo nonno, Agostino vissuto nella prima metà del Cinquecento (muore nel 1562 due anni prima della sua nascita), era un condottiero importante che godeva della fiducia dell’imperatore Carlo V e di Andrea Doria.
Suo zio Marcantonio, cresciuto alla corte di Vienna, viene insignito del titolo di conte palatino.
Un altro zio, Ettore, sarà generale delle galee genovesi alla battaglia di Lepanto. Ebbe anche uno zio religioso: il cardinale Filippo. Di tutti gli zii è quello con cui rimane in contatto e che lo appoggerà nella vocazione religiosa… al quarto conte di Tassarolo, nipote come figlio del figlio del primo conte Marcantonio, Filippo Spinola (1607-1688) si deve l’origine dell’immagine iconografica del Beato Carlo… egli possedeva un dipinto realizzato a Roma da un pittore di cui non si dice il nome “l’anno 1626 poco dopo ch’era arrivata la nuova del martirio di detto Padre Carlo, con l’assistenza del Padre Luigi Spinola … con la memoria fresca”. Oltre a ciò, Filippo fece coniare nel 1640 e nel 1645 due monete in cui compariva nuovamente il futuro Beato Carlo, legato al tronco, tra le fiamme, con l’abito gesuitico e il rosario arrotolato alla cintura.
Non solo, nel 1667 Filippo fece costruire una nave, chiamata “Paradiso”, commissionando l’intaglio della poppa a Filippo Parodi. Nel contratto reso noto da Daniele Sanguineti, si specifica che le sculture dovranno seguire il modello grafico approntato da Domenico Piola. Nel documento si dice che dovranno comparire le “infrascritte figure: la Trinità…, e sotto di essa sei figure di santi: cioè San Domenico, Sant’Antonio da Padova, san Francesco di Paola, il Padre Carlo Spinola della Compagnia di Gesù, Santa Caterina da Siena e Santa Teresa”. È inutile sottolineare che Filippo lo considerava già santo.

A seguire, intervento di Naoki Dan, già professore di Storia dell’Arte presso il Dipartimento dell’Arte della Facoltà di Educazione dell’Università Statale di Gunma (Giappone) su “Il Beato Carlo Spinola e la facciata della Chiesa Mater Dei di Macao”

Dalle parole del prof. Naoki Dan: …Il Beato Carlo Spinola, morto nel rogo dove furono martirizzati i Cristiani a Nagasaki nel 1622, fin dalla gioventù studiò in vari Collegi Gesuiti, iniziando da Nola, dove suo zio Filippo era vescovo e sovrintendeva alla costruzione della chiesa dei gesuiti. Studiò non solo il latino, la teologia e la filosofia, ma anche la matematica e l’architettura. Poi, in seguito, a Lecce, a Napoli, a Roma, a Milano, ed a Lisbona studiò con passione la matematica e l’architettura.  Quando arrivò a Macao, nel 1600, dopo quattro anni dalla partenza da Genova, un grande incendio aveva distrutto la chiesa gesuita di San Paolo edificata sei anni prima. Cosi, sembra che all’inizio del 1601, gli fosse chiesto di preparare i disegni architettonici indispensabili alla costruzione di una nuova chiesa che doveva essere eretta nello stesso luogo. Di questa Chiesa, che fu edificata a partire dal 1602-3, ma che fu distrutta da un incendio nel 1835, oggi rimane solo la sua magnifica facciata con le sculture bronzee di quattro santi gesuiti insieme a Maria, Gesù Bambino e la Colomba dello Spirito Santo. Carlo Spinola era un uomo di poche parole e molto riservato nei confronti dei suoi lavori, soprattutto quelli ben fatti. Oggi Mater Dei è il monumento più famoso del centro storico di Macao, che è stato dichiarato sito UNESCO del Patrimonio mondiale dell’umanità…

Una immagine della facciata della Chiesa Mater Dei di Macao si trova nel sito della Fondazione Spinola https://www.spinola.it/repertori/chiesa-di-san-paolo-in-macao-cina-xvii-secolo/ .
In occasione della mostra “Viaggio alla fine del mondo. Michele Ruggieri e gli altri gesuiti in Cina” 28 novembre 2012 – 3 marzo 2013 presso il Museo di Macao in Cina, Angelo Paratico fece dono di una piccola reliquia del Beato Carlo Spinola di sua proprietà al Museo  (https://www.archiviodistatoroma.beniculturali.it/it/22/archivio-eventi/279/grande-mostra-viaggio-alla-fine-del-mondo-_-testimonianze-di-un-viaggio-in-cina-nel-1500 ; https://www.spinola.it/repertori/museo-di-macao-cina/  ).

Momenti della giornata

Gelasio Gaetani Lovatelli ed Anna Spinola

La maggior parte delle fotografie realizzate durante la giornata sono opera di Gelasio Gaetani Lovatelli, cui va un ringraziamento speciale per la partecipazione e le bellissime immagini.

Photo credits Gelasio Gaetani Lovatelli, Nicoleta Baciu