Indirizzo
Salita di Santa Maria di Castello, 15 – Genova
Sito: http://www.santamariadicastello.it/ foto tratta www.wikipedia.org
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(XI secolo)
Faceva parte della Chiesa di Santa Maria di Castello la Cappella Spinola, detta anche Cappella di Ognissanti. Fu concessa in giuspatronato nel 1499 a Teodorina Lomellini vedova di Domenico Spinola fu Eliano.
Teodora provvide alla sua costruzione, decorazione e arredo, quindi, il nuovo sacello sopravvisse a lungo, fino alla metà del XIX secolo, quando nel 1847 purtroppo fu demolito.
Oggi, a memoria della sua esistenza, si conservano poche ma significative testimonianze: la celeberrima Pala di Ognissanti (1513), detta anche Incoronazione della Vergine o Paradiso o Vocazione dei Giusti di Ludovico Brea, trasferita nel Museo ivi presente, una targa commemorativa dell’accaduto con relativo trasferimento del giuspatronato ad altra Cappella, quella di San Tommaso d’Aquino e alcuni frammenti marmorei, ricollocati appunto in quest’ultima.
La Pala di Ognissanti ritrae, tra la folla di oltre duecento figuranti, la committente Teodorina Spinola insieme ai suoi due figli, Giovanni e una ragazza, di cui, fino ad ora, non si conosce il nome.
Il complesso, costituito da chiesa, convento e chiostri, si presenta come un insieme di volumi che si sviluppano lungo la salita che conduce verso la sommità del colle, antica sede del castello vescovile.
L’interno, ampio e luminoso, ha pianta basilicale romanica a tre navate con colonne e capitelli romani di reimpiego che sostengono gli archi romanici e un finto matroneo sopra gli archi. Il soffitto, in origine a capriate lignee, è formato da volte con crociere a costoloni, realizzate intorno al 1468. Lungo ciascuna delle navate laterali si aprono cinque cappelle: quelle di sinistra furono realizzate nella seconda metà del XV secolo, mentre le cinque di destra risalgono al XVI secolo.La chiesa, in stile romanico, attraverso la concessione delle cappelle alle grandi famiglie della nobiltà genovese ha incrementato durante i secoli il proprio corredo artistico, specie pittorico e scultoreo, con opere dei più importanti artisti liguri che vanno dal Quattrocento al Settecento.
Testo tratto da file:///F:/S.M.Castello/Chiesa%20di%20Santa%20Maria%20di%20Castello%20%28Genova%29%20-%20Wikipedia.htm
La Cappella era collocata in esterno rispetto al corpo della chiesa, presso la porta destra della facciata. Essa appariva come un volume a se stante, presumibilmente a pianta quadrata con uno sviluppo verticale pari a quello delle attuali navate laterali. Era, perciò, un alto parallelepipedo addossato al prospetto principale, decorato a bande bianche e nere, coronato da una copertura a cupola, sormontata da una lanterna. La sua immagine è stata immortalata in un dipinto ex voto, datato 1684 (eseguito in occasione del bombardamento navale francese su Genova), conservato in una sala del convento appositamente adibita a custodire le opere di devozione dei fedeli, inoltre, se ne osserva il fianco anche nella pala d’altare della Cappella del Beato Sebastiano Maggi. Quest’ultima tela, datata 1793, rappresenta l’Arrivo del Beato davanti alla chiesa di Castello, opera di Francesco Zignago. La Cappella di Ognissanti fu concessa in giuspatronato alla famiglia Spinola, in particolare a Teodorina Lomellini, vedova di Domenico Spinola fu Eliano, il 12 aprile 1499. La nobildonna s’impegnò con i Domenicani ad erigerla entro un anno e, nel caso in cui ciò non fosse avvenuto, i frati avrebbero concesso al Capitano Brizio Giustiniani il medesimo privilegio. I lavori iniziarono, invece, prontamente ed il 7 agosto 1500 i Domenicani rinnovarono la facoltà e lo ius a Teodorina Spinola. La nobile ricordò ancora, nel suo ultimo testamento datato 20 aprile 1550, la sua Cappella gentilizia, lasciandole 20 luoghi in San Giorgio. (Notizie tratte da Raimondo Amedeo Vigna,Illustrazione storica, artistica ed epigrafica dell’antichissima chiesa di S. Maria di Castello in Genova, Genova 1864, pp. 197-202, in particolare, pag. 201, nota 1). Si conosce il contratto con Giacomo e Andrea di Campione per le pietre di Promontorio e i marmi di Carrara necessari alla sua costruzione, infatti, in esterno, come accennato, presentava la tradizionale decorazione genovese a liste bicrome, mentre, l’interno era arredato con marmi finemente lavorati accostati presumibilmente a dorature. Sembra che alcuni di questi capolavori dell’arte scultorea siano stati trasferiti nella Cappella di San Tommaso d’Aquino, dove ancora oggi si vedono.
Vigna (ibidem, 1864) ritrovò in un manoscritto del convento la trascrizione di una targa collocata nella Cappella che informava circa il suo restauro e abbellimento avvenuto nel 1653 ad opera del discendente Mario Spinola, figlio di Agostino e Anna Doria. Nella lapide si leggeva:
Marius Agostini Spinule et Anne Dorie Fil.
Sacellum hoc a Maioribus Antiquitus erectum
elegantiori forma exornandum curavit
Anno Salutis MDCLIII.
La cappella sopravvisse a lungo, fino al 1847, quando fu demolita. Vigna (ibidem, 1864), scrisse in proposito: «In questo luogo restò la Cappella d’Ognissanti sino al 7 gennaio 1847, in cui i padri atteso lo sconcio che faceva agli occhi dei riguardanti, deliberarono di atterrarla trasferendone il titolo e il gius onorifico degli Spinola nella Cappella allora di S. Tommaso d’Aquino; ciò che fecero affiggendo nella sinistra parete un’epigrafe memorativa dell’operato:
Aram et Lud. Breae tabulam quae in
sacello ab Eliano f. Carrocii Spinula ubi
loci nunc templi dextrorsum patet adi-
tus iam ab anno MCCCCLXXIII constructo
extiterant successori annventi iurepa-
tronatus servato D. Dom. Frates huc
transferri curarunt anno MDCCCXLVII».
Si rileva, invece, un errore nell’epigrafe latina, l’anno di costruzione non fu il 1473, come riportato, ma il 1499. Ciò nonostante la lastra fornisce importanti notizie: nel 1847 lo ius passò alla Cappella di San Tommaso d’Aquino che cambiò nome diventando Cappella di Ognissanti, si spiega così perché alcuni marmi della distrutta Cappella Spinola si trovino qui.
Oggi sulla parete sinistra di detta Cappella questa targa non esiste più, però, i Domenicani pensarono con lungimiranza a tramandarne la memoria e fecero realizzare una terza nuova epigrafe marmorea che sostituisse e completasse le precedenti.
L’iscrizione latina è di grande importanza per due ragioni. In primo luogo perché è l’ultima concreta testimonianza superstite della storia della Cappella Spinola e, secondariamente, perché espone come si concluse la vicenda. Il giuspatronato, passato nel 1847 alla Cappella di San Tommaso d’Aquino che contestualmente fu re intitolata ad Ognissanti, si mantenne tale fino al 1874. Trascorsi soli ventisette anni, la Cappella di Ognissanti ritornò ad essere devota all’originario Santo, infatti, nel 1874, gli ultimi eredi, Anna Spinola fu Massimiliano, assieme al marito, Carlo Giuseppe Cambiaso, Cavaliere Mauriziano e Dottore in legge, lasciarono il giuspatronato a favore dell’allora Parroco della Chiesa, Tommaso Campo Antico. Egli fu artefice di numerosi cambiamenti all’interno del tempio cristiano, in particolare, per quanto riguarda la Cappella di Ognissanti, non solo perse l’intitolazione, ma venne completamente rifatta, perdendo sia l’altare sia la tavola del Brea. Nel recentissimo contributo (2014) su Santa Maria di Castello di Gilardi e Badano, (crf. Bibliografia), si legge: (Cappella di San Tommaso d’Aquino) «(…) furono collocati nel 1874 l’altare marmoreo già della cappella dei Ragusei, opera di Giovanni Maria Pambio (1595) e la tela di Domenico Piola (1627-1703) raffigurante San Tommaso d’Aquino in adorazione del Santissimo Sacramento mentre compone l’ufficio del Corpus Domini (1660). (…) Ai lati i monumenti funebri di Giuseppe Filippo Campo Antico e Anna Pavero, genitori del parroco Tommaso Campo Antico, che nel 1874 finanziarono il restauro di questa cappella, scolpiti da Domenico Carli (1828-1912)». L’altare Spinola fu, con probabilità, demolito, mentre la Pala di Ognissanti fu trasferita o in una differente cappella (s’ipotizza, per logica, che fosse l’attuale Cappella di San Biagio, dove appunto, si trova l’epigrafe) o archiviata, per riapparire in tutta la sua bellezza, nell’attuale Museo di Castello. Rimangono, secondo quanto tramandato, alcuni paramenti marmorei ad ornare le pareti che, dall’osservazione diretta, è plausibile identificare in quelli d’angolo .
L’ultima osservazione è rivolta alle tombe Spinola presenti in Santa Maria di Castello, per le quali, la fonte principale rimane il testo del Vigna (ibidem, 1864). Vi era un sepolcro di Famiglia nell’antica Cappella Spinola datato contestualmente alla realizzazione della stessa (1500), dove Vigna attesta la tomba di Mario Spinola, inumato l’8 aprile 1661. Lo stesso autore presume che lì vi fossero anche altri personaggi, in particolare, Teodorina. Egli riporta quindi, altre lapidi presenti nella Chiesa: di Battista Spinola di Luccoli fu Giovanni, datata 1469; di Bartolomeo Spinola fu Benedetto, datata 1528; di Ambrogio Spinola e di sua moglie Brigida, datata 1565; infine, trascrive la notizia che in Castello vi fu sepolto anche il Senatore Felice Spinola, padre del Doge Agostino e discendente dallo stesso ramo della Famiglia.
Salita di Santa Maria di Castello, 15
Genova
Secondo la tradizione un primo luogo di culto mariano in questo luogo sarebbe stato costruito per volere del re longobardo Ariperto nel 658, ma le prime notizie documentate risalgono all’XI secolo. La chiesa sorgeva a poca distanza dal castello fortificato del vescovo, costruito fra il IX e il X secolo sulla sommità del colle, sul sito già occupato da fortificazioni preromane, romane e bizantine. La presenza del castello vescovile, nei pressi del quale intorno all’XI secolo si era insediata anche la potente famiglia feudale degli Embriaci, fece di quest’area, al riparo dalle scorrerie dei saraceni grazie alla sua posizione arroccata, la sede del potere politico e religioso cittadino.
La chiesa attuale fu costruita nella prima metà del XII secolo da maestranze antelamiche sui resti di quella più antica, della quale nella cappella del battistero si conservano alcune sculture. La nuova chiesa aveva tre navate con copertura a capriate lignee, transetto e tre absidi. Per la costruzione furono impiegati materiali di recupero come colonne in granito e capitelli corinzi di epoca romana, risalenti al III secolo, sapientemente integrati nel nuovo edificio dai maestri antelami. La chiesa, consacrata nel 1237 da Geroldo di Losanna, Patriarca di Gerusalemme, era già collegiata in epoca precedente alla ricostruzione e tale rimase fino al 1441, quando con una bolla del papa Eugenio IV fu assegnata ai Domenicani. I frati ne presero possesso solo il 13 novembre 1442, poiché per oltre un anno i canonici, sostenuti dall’arcivescovo Giacomo Imperiale, si opposero all’arrivo dei Domenicani, ai quali erano state assegnate tutte le proprietà e le rendite della chiesa. Dopo l’arrivo dei Domenicani, nella seconda metà del Quattrocento il complesso fu ampliato e divenne un importante polo culturale: acquistando proprietà adiacenti alla chiesa fu costruito il convento e realizzati i tre chiostri e la sacrestia. A questo periodo risale la costruzione del primo chiostro (1453 -1462) con gli affreschi nella volta del loggiato e nelle pareti, di cui resta la celebre “Annunciazione” di Giusto di Ravensburg (1451). Inoltre i Domenicani trasformarono il tetto della chiesa, a capriate di legno, in una volta a crociere in muratura. Tra il XV e il XVII secolo numerose famiglie patrizie fecero costruire lungo le navate laterali le loro cappelle gentilizie, arricchite da opere d’arte dei maggiori artisti dell’area genovese. Nel XVI secolo furono modificate le absidi e costruita la cupola, ma dalla seconda metà del XVII secolo il complesso visse un periodo di declino e i Domenicani furono costretti ad affittare alcuni locali del convento. La chiesa subì gravi danni per il bombardamento navale francese del 1684.
Il convento fu risparmiato dalle leggi di soppressione del 1797, ma nella prima metà del XIX secolo si trovava in stato di degrado. Parzialmente espropriato dallo Stato nel 1859 a seguito della legge Rattazzi del 1855, parte del convento nel 1870 fu trasformata in appartamenti, sopraelevando anche i loggiati dei chiostri. Nello stesso periodo fu affidato all’architetto Maurizio Dufour l’incarico di restaurare l’interno della chiesa, mettendo in luce le parti medioevali, coperte nel tempo da uno spesso strato di intonaco. Lo stesso Dufour realizzò l’affresco nella volta del coro, raffigurante “Dio Padre in gloria”. La chiesa fu colpita da bombardamenti aerei durante la seconda guerra mondiale, una prima volta nel 1942, quando le macerie di un vicino edificio rovinarono sulla navata sinistra, ed ancora nel 1944, con danni alla copertura causati da spostamenti d’aria dovuti alle bombe cadute sul porto. I restauri vennero eseguiti nel dopoguerra sotto la direzione degli ingegneri Cesare Fera e Luciano Grossi Bianchi, riportando alla luce, con il recupero dei finestroni medioevali, anche l’originaria architettura romanica della facciata, in parte alterata dalle ristrutturazioni del XV e XVI secolo. L’intero complesso è stato nuovamente oggetto di restauro nei primi anni duemila, quando venne risistemato ed ampliato anche l’annesso museo.
Testo tratto da file:///F:/S.M.Castello/Chiesa%20di%20Santa%20Maria%20di%20Castello%20%28Genova%29%20-%20Wikipedia.htm
Per Santa Maria di Castello:
Per Ludovico Brea e la Pala di Ognissanti:
Vico San Luca, 1
16123 Genova, Italia
c.f. 95023180102
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