Denominazione Spinola
PALAZZO DI CRISTOFORO SPINOLA
Nome attuale
Palazzo di Baldassarre Lomellino (Campanella)
Indirizzo
Via G. Garibaldi, 12 – Genova
Attuale/i proprietario/i
privati
Stato di conservazione
ottimo
Visibilità
esternamente. L’interno è visitabile nelle parti comuni (atrio e scalone).
Anni di costruzione
dal 1562 al 1565
Architetti
Giovanni Ponzello (‘500); Emanuele Andrea Tagliafichi e Charles de Wailly (‘700).
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“Costruito tra i primi della strada (1562) da Giovanni Ponzello per Baldassarre Lomellini, perviene ai Salvago (rollo 1588/2) che ne mantengono la proprietà fino all’acquisto di Cristoforo Spinola, già ambasciatore della Repubblica a Parigi (1770). Gli Spinola ne promuovono un totale adeguamento neoclassico chiamando Charles de Wailly, architetto del re di Francia che rinuncia presto riconoscendo le qualità del genovese Emanuele Andrea Tagliafichi; si veda per confronto nella edizione rubensiana (ed. 1652, XI, Palazzo del sig. Henrico Salvago). Nel 1778 è acquistato da Domenico Serra, cui seguirà nel 1917 il passaggio alla famiglia Campanella. Analogamente a palazzo Doria-Tursi, di poco posteriore, il cortile si trova a un livello sensibilmente maggiore rispetto all’atrio al quale era collegato da uno scalone; con le trasformazioni settecentesche il rapporto tra i due ambienti viene dichiaratamente eliminato con una cortina muraria. I bombardamenti aerei del 1942 provocano gravi danni al salone, alla loggia e alla sala da pranzo ovale; dell’originaria decorazione pittorica e plastica del piano nobile rimane solo un soffitto affrescato da Gio. Batta Castello con «Enea e Didone» e gli stucchi del lato a ponente. Al primo piano sono sale non interessate dagli interventi settecenteschi fra cui una con «Storie romane» di Andrea Semino. Il portale, di Taddeo Carlone, reca l’iscrizione «venturi non immemor aevi»; sono accessibili atrio e scala”. (Testo tratto da Poleggi E. (a cura di), Una reggia repubblicana. Atlante dei palazzi di Genova 1576-1664, Torino 1998, p. 173).
Il seguente brano tratto da Caterina Olcese Spingardi, La vicenda della ristrutturazione settecentesca di Palazzo Spinola Serra Campanella tra Genova e la Francia, in Grande Pittura Genovese dall’Ermitage da Luca Cambiaso a Magnasco, catalogo della mostra, Milano 2002, pp. 147-150, a cui si rimanda per completezza di contenuti, chiarisce molti aspetti fino ad ora rimasti in ombra: la vita di Cristoforo Spinola ed i motivi che lo spinsero ad investire in quest’opera, l’influenza che Charles de Wailly esercitò nell’architettura genovese, il rapporto intercorso tra l’architetto francese ed il nostrano Tagliafichi e, ancora, quello tra gli stessi architetti ed il nobile committente. “In realtà poco conosciamo della sua vita (di Cristoforo Spinola) (..): nato nel 1743 da Agostino, del ramo degli Spinola di Luccoli, e da Teresa Pallavicini, nel 1763 era stato ascritto alla nobiltà e l’anno successivo aveva sposato Paola Durazzo. Nel 1766 Ratti lo aveva ricordato residente a Genova, in un appartamento del suocero Marcellino Durazzo, e proprietario di “superbi quadri” (..); nel 1768, inoltre, l’editore Gravier ne aveva definito “ordinario o quasi connaturale il buon gusto e l’amore verso le tre Arti sorelle”. Intenzione del nuovo proprietario fu da subito quella di procedere a una radicale ristrutturazione dell’edificio, fino ad allora occupato da inquilini. A tale scopo, dimostrando un’apertura mentale tutt’altro che banale (..), egli si era premurato di scegliere i migliori talenti disponibili in città, Gaetano Cantoni e Andrea Tagliafichi (..). Consistenti dovevano essere, fin dall’inizio, sia gli investimenti che le distruzioni di strutture e decorazioni preesistenti, come ebbe a constatare Charles de Wailly nella sua visita genovese del dicembre 1771, durante la quale, com’è noto, avvenne il suo primo incontro con l’ambizioso aristocratico genovese. (..) A indirizzare lo Spinola, prima verso i due architetti genovesi e, in un secondo tempo, verso le proposte di de Wailly, (..) doveva aver contribuito un suo precedente soggiorno a Parigi, documentato già nel 1769. Da questo momento ed entro il 1773, l’architetto francese precisò e iniziò a far realizzare il suo progetto per l’intervento nell’edificio (..). A segnare ancor più in direzione francofila le scelte di gusto dello Spinola, mentre la decorazione del salone andava prendendo corpo, era intervenuto un altro fatto: nel dicembre 1772, egli aveva iniziato la sua lunga permanenza a Parigi, quale ministro plenipotenziario della Repubblica genovese, carica cha avrebbe mantenuto fino al 1792. (..) Ed è nel 1777, a lavori finiti, che si colloca la pubblicazione, tra le planches del supplemento de l’Encyclopédie, delle quattro incisioni di Louis Jean Desprez raffiguranti il salone (..). (..) un prestigioso riconoscimento grazie al quale esso sarebbe divenuto, nei decenni successivi, una delle meraviglie della città, tappa d’obbligo nel tour delle dimore private genovesi compiute da numerosi visitatori stranieri. L’ambiente che tanto impressionò personaggi quali Dupaty, Lady Morgan, Stendhal e Flaubert, non sarebbe stato tuttavia completato da Cristoforo Spinola, che non vi abitò mai, ma dal nuovo proprietario, Domenico Serra. (..) Le ragioni della cessione da parte dello Spinola non sono chiare: (..) (con probabilità) un decisivo radicamento di interessi del tutto privati a Parigi: a meno di un anno dalla vendita del palazzo egli annunciava, infatti, il suo imminente secondo matrimonio con una nobildonna francese. (..) Rimasto ai Serra per tre generazioni, considerato l’immobile più prestigioso tra i numerosi “beni stabili” di proprietà di questa importante famiglia, l’edificio di Strada Nuova avrebbe cambiato di nuovo proprietà con la cessione a Tito Campanella, avvenuta nel 1916, cui fu venduto privo di arredi. Alcune preziose fotografie mostrano gli interni del palazzo nella loro sistemazione “borghese” d’inizio Novecento e soprattutto i due ambienti più celebrati dalle descrizioni del Sette e Ottocento: la sala da pranzo e il salone. Dalla documentazione illustrativa (..) la sala da pranzo, interamente attribuita al Tagliafichi (..), si presentava concepita secondo un disegno armonico unitario, caratterizzato da leggerezza, sobrietà ed eleganza (..), contrastando (..) con la profusione di materiali preziosi, la sontuosità e la ricchezza di effetti illusionistici del vicino salone. (..). (..) a seguito del bombardamento dell’ottobre 1942 andarono infatti perduti la volta del salone, la sala da pranzo e alcuni salotti al secondo piano nobile (..)”.
Il palazzo fu inserito nel sistema dei Rolli: 1576 (I), 1588 (II), 1599 (I), 1614 (I) e 1664 (II).
La strada ha un preciso anno di nascita: il 1550. Originariamente strada Maggiore, poi strada Nuova, fino all’Ottocento era conosciuta con il nome di via Aurea. Madame de Staël le attribuì un nome ancor più altisonante: quello di Rue des Rois, la via dei Re. Nel 1882 venne infine dedicata a Giuseppe Garibaldi.
Interamente tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Via_Giuseppe_Garibaldi
“L’area fu venduta il 13 marzo 1559 a Francesco Lomellino, fratello di Bartolomeo Lomellino. La costruzione fu iniziata intorno al 1562 sotto la guida di Giovanni Ponzello e terminata nel 1565, infatti nel 1567 vi abita Baldassarre (†1590) che qui detta il 9 aprile un suo testamento (Poleggi 1968, 206). Nel dicembre 1569 Paolo Grimaldi per l’assente Baldassarre contratta la decorazione di due camere con Andrea Semino (Alizeri 1875, 208). Il palazzo, venduto nel 1587 ad Enrico Salvago q. Acellino che completò la facciata con poggioli marmorei, è ricordato come di Leonardo Salvago q. Carlo dal Soprani. (..) Ceduto dai suoi discendenti a Cristoforo Spinola intorno al 1770 (..), fu ristrutturato nel 1778 da Andrea Tagliafichi con la collaborazione di Charles de Wailly (..) e da questi, intorno al 1780, venduto a Domenico Serra (Ratti 1780, 271-272). Alla fine del Settecento passò ai Cambiaso (Alizeri 1875, 209). Nel 1917 passò ai Campanella. Attualmente la proprietà è suddivisa. In seguito al bombardamento dell’ottobre 1942 è andato perduto il “Salone del Sole” del Tagliafichi e parte della decorazione cinquecentesca (..)”. (Testo tratto da Parma E. (a cura di), La pittura in Liguria: il Cinquecento, Genova 1999, p. 226).
Vico San Luca, 1
16123 Genova, Italia
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